AQUA AURA - MILLENNIAL PROJECT

 

Sinagoga di Reggio Emilia

 

2 dicembre 2017 – 14 gennaio 2018

 

a cura di Chiara Serri

 

Millennial Tears - Un’opera dedicata alle Comunità Ebraiche.

La videoinstallazione Millenial Tears, allestita nell’aula centrale della Sinagoga di Reggio Emilia, è stata concepita per essere l’opera portante dell’esposizione Millennial Project. L’opera è espressamente dedicata a tutte le Comunità Ebraiche.

 

Il desiderio di una dedica nasce dai diversi signifcati intrinseci dell’opera in quanto tale, ma anche per il processo di creazione che ne è stato all’origine. Un’opera immaginata e nata in un contesto ebraico che si colloca, alla fne del percorso creativo, in un altro e diverso contesto ebraico. Iluogo di esposizione è un’antica sinagoga, che ha attraversato il tempo e di cui sono ancora chiaramente leggibili le impronte dell’uso passato, testimone della vita della comunità. Una comunità che vi si è raccolta nei momenti belli come in quelli tristi, un luogo che ha visto lacrime di gioia e commozione accompagnare nascite, Bar e Bat Mitzvà, matrimoni e ricorrenze festive, accanto a quelle del dolore, dell’impotenza e della rabbia di fronte alla morte, alle persecuzioni e alla Shoà. Un luogo, dunque, deposito di memoria e testimonianza della presenza della comunità ebraica nel contesto cittadino. Come un iceberg, deposito della storia millenaria dell’intero pianeta, la sinagoga è deposito della storia e della cultura millenaria ebraica. La sinagoga e il ghiaccio millenario sono di conseguenza i soggetti trasversali dell’opera. Il progetto ha cominciato a prendere forma durante una visita al museo Yad Vashem di Gerusalemme nel corso del 2008, e in particolare nella cosiddetta sala della memoria (Hall of Remembrance), luogo chiuso a forma di tenda ma che ricorda più un bunker per la sua struttura in basalto e l’assenza di aperture. Sul pavimento sono riportati i nomi di 22 campi nazisti e al centro brucia una fiamma perenne in ricordo e a memoria delle vittime dell’Olocausto. Al di là del luogo, ciò che mi ha colpito è stato l’ascolto del kaddish, la preghiera ebraica per i defunti, che viene letta continuamente. L’ascolto di una antica preghiera in lingua aramaica, e tanto sentita da tutti gli ebrei del mondo, in un luogo così pieno di significati, mi hanno profondamente colpito e ne ho portato a lungo il ricordo, fino a quando quell’esperienza si è concretizzata, nove anni più tardi, in un’opera d’arte. A partire da questa prima ispirazione, la gestazione è stata lunga e ha finalmente trovato il suo compimento durante i viaggi nelle terre estreme del profondo nord e sud del mondo, in particolare tra i ghiacci islandesi. Ho immaginato gli iceberg e il ghiaccio millenario come depositi e universi che imprigionano materia e memoria, così come possiamo immaginare sia anche la forma del canto per le comunità ebraiche. Tempo ed emozioni sono racchiusi nell’opera Millennial Tears, il ricordo delle persecuzioni e dell’Olocausto, ma anche la cultura antichissima, documentata attraverso la parola e la scrittura così come nelle molte espressioni della tradizione ebraica di fronte alla tragedia e di fronte alla risata. Come contraltare, la storia della Terra che si schiude e ricompare quando il ghiaccio si scioglie riportando in superficie tracce di passato. Ho immaginato un’opera costruita sugli scheletri portanti di due culture, quella ebraica e quella cristiano-occidentale, l’una immateriale, composta di testi declinati in parola e suoni che perdurano nel tempo, e l’altra che affida la sua eredità e il suo raffronto con il mondo alle immagini. Nella video installazione il canto e la musica aprono e chiudono l’opera, la contengono come uno scrigno o come delle mani immateriali che portano l’acqua alla bocca. La musica, una versione strumentale e sinfonica del Kol Nidrei, anticipa il racconto per immagini in una sorta di prologo, mentre, quando l’immagine dei paesaggi glaciali viene meno e si trasforma in pura astrazione organica, ecco che ricompare la musica come un tappeto sonoro (il Kol Nidrei cantato), ed infine si chiude con canti intrecciati in ebraico, intonati per gioco e divertimento tra una madre e il suo bambino. In questo lavoro il suono ha una enorme importanza. Anche quando la musica ed il canto non sono esplicitamente presenti lo spettatore continua ad incontrare suoni. Il rumore del ghiaccio e degli iceberg che si spezzano nel fragore dell’acqua, il suono del vento che soffia senza sosta, i rumori sordi dell’acqua e del movimento che i ghiacci emettono sotto la superficie del mare. Sono suoni senza storia, densi, autorevoli perché eterni, come fosse la voce stessa della Storia…. o di D-o. Il ghiaccio, dunque, come allegoria della capacità del popolo ebraico di persistere nel tempo portando con sé la memoria di una cultura e di una storia fatta di parola, scrittura, musica, canto e, più recentemente, immagini, mezzi attraverso i quali la stessa memoria, nei secoli, si è arricchita di nuova storia, di nuova scrittura e nuove lacrime accanto a quelle antiche, che testimoniano fasi di una vita che continua nei suoi cicli e che, per fortuna, ha futuro. Infine, un canto, il Kaddish, che nel tempo di gestazione dell’opera si è trasformato nel Kol Nidrei, come segno germogliato da altre tracce storiche. Millenial Tears è un’esperienza emozionale per immagini e suoni che vuole raccontare un’eredità, a sua volta emozionale, sfruttando la peculiarità del ghiaccio di inglobare e conservare cose, oggetti, corpi. Ciò che il ghiaccio conserva, nel video, sono però elementi organici infinitamente piccoli, molecole di lacrime come metafore di emozioni. Lo spettatore è portato a scoprire e vivere il ghiaccio attraverso una landa desolata, dentro un profondo senso di solitudine, fino a far scovare al suo sguardo queste tracce o reperti di pianti consumati. Il percorso creativo iniziato allo Yad Vashem molti anni prima, mi ha portato ad immaginare un’infinità di tracce emozionali dentro l’ambiente polare, conservate durante tutto l’arco di millenni, imprigionate nella solidità del ghiaccio. Ghiaccio come acqua antica, acqua di millenni ancora nel nostro presente, come la cultura ebraica. Da qui il desiderio di creare un parallelo tra questa immagine suggestiva e il percorso temporale di una comunità, di un popolo, come esempio della storia di infinite altre comunità umane nel loro percorso storico, immaginando quella storia come una cristallizzazione di lacrime che segnano le tracce di una serie di dolori, così come di gioie incontenibili e di emozioni di altra specie, conservate nella glaciazione, che arrivano a noi stratificate e tutte insieme sciogliendosi davanti ai nostri occhi e intrecciandosi al suono di una litania emozionale o di un gioco tra madre e figlio. E come il ghiaccio si scioglie andandosi a mischiare ad altra acqua, così il popolo ebraico si è disperso nel mondo, rimanendo però visibile, distinto e portatore della propria memoria e della propria cultura, arricchite dall’incontro con il divenire.

Aqua Aura, Ottobre 2017

 

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